La biodiversità è una componente fondamentale della natura. Pensiamo un po’ al bosco in cui convivono molteplici forme animali e vegetali e in cui ogni essere vivente è importante perché mantiene in equilibrio il sistema. In natura non esistono i monotipi, cioè intere aree con una sola specie, così come ad esempio in un contesto umano non esistono solamente soggetti biondi. Quando si destinano grandi estensioni a monocolture intensive si determinano nel tempo profondi squilibri.
Le piante, come ogni tipologia vivente, ha le sue preferenze alimentari e quindi consuma alcuni elementi più di altri. Le radici rilasciano sostante il cui accumulo a lungo andare provoca autotossicità che crea quel fenomeno chiamato “stanchezza nel terreno” e quindi perdita di fertilità. In quell’ambiente naturalmente si svilupperanno i patogeni vegetali e animali tipici della coltura stessa. Quando si interviene con i pesticidi si colpiscono non solo i patogeni ma anche i loro antagonisti e spesso queste sostanze si accumulano nell’ambiente. Ecco perché è fondamentale creare all’interno delle monocolture zone di bioversità in cui si possono sviluppare flora e fauna autoctone senza l’intervento dell’uomo e in cui la natura può ritrovare il suo equilibrio, rafforzarsi e agire positivamente anche sulle zone circostanti. Una natura più sana e forte permette a chi la coltiva di intervenire in misura minima e solo con azioni mirate e non invasive che favoriscono anche le capacità di autodifesa delle piante.
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